Tutto aveva inizio in questo posto, un “casotto” in campagna dove l’intera famiglia dava il suo contributo nella preparazione della conserva di uno degli ortaggi più rappresentativi della cucina italiana, il pomodoro.
La conserva di questo frutto, raccolto in tarda estate, era essenziale per godere della preparazione di diversi piatti anche nel periodo invernale.
Ricordo che ognuno di noi, nonni, genitori, zii, nipoti, aveva un ruolo ben preciso: la raccolta spettava al nonno che sapeva riconoscere la giusta maturazione dei frutti e li poneva nelle cassette; la selezione per scartare le parti rovinate era compito comune; il lavaggio era prerogativa di noi piccoli; mentre il passaggio dei pomodori nell’apposita macchinetta d’acciaio per separare le bucce ed i semi dalla polpa, era affidato a mia nonna che assieme alle altre donne di casa provvedeva anche all’imbottigliamento nelle tipiche bottiglie di vetro color marrone; poi sigillate con tappi a corona dagli uomini tramite la tappatrice manuale.
L’unione faceva la forza!
Il momento della bollitura era quello che preferivo, aveva sempre un qualcosa di magico.
Soprattutto perché avveniva al tramonto, quando l’aria si faceva un po’ più fresca ed i colori del cielo si scaldavano di quei toni aranciati.
Io e le mie cugine eravamo così eccitate da questo scenario, dall’odore di legna bruciata, dallo scoppiettio del fuoco che ci mettevamo a cantare!
Nonno allestiva all’aperto l’area destinata alla cottura delle bottiglie, sistemando i bidoni su dei trespoli di ferro. Sul fondo dei bidoni metteva degli strofinacci per attutire i colpi della bollitura, adagiava le bottiglie ed infine ricopriva fino all’orlo d’acqua.
Poi accendeva la legna e attendevamo tutti insieme il tempo di cottura davanti al tramonto, stanchi ma felici di aver conservato il sapore dell’estate.
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